Il massaggio: da trattamento a coccola

Le tensioni e lo stress accumulati durante la giornata si trasformano spesso in contrazioni muscolari, crampi e indolenzimenti.

Il corpo risponde e riflette il nostro stato psicologico ed emotivo e ci lancia dei segnali molto chiari che dovremmo ascoltare. Una delle tecniche di trattamento più antiche ed utilizzate per liberarsi da dolori muscolari dovuti ai motivi più disparati è il massaggio, di cui esistono varie tipologie.

I benefici del massaggio

Ci sono vari motivi per cui ricevere un massaggio è benefico per il nostro corpo e la nostra salute. Innanzitutto, sentirsi massaggiati e coccolati ci fa immediatamente percepire una sensazione di benessere e rilassamento.

Inoltre, il massaggio aiuta a scaricare le zone di tensione, migliora la circolazione favorendo l’eliminazione delle tossine presenti nel sangue, potenzia il sistema immunitario agevolando la circolazione del liquido linfatico ed aiuta ad eliminare le cellule morte della pelle rendendola più morbida e vellutata.

Insomma, la funzione principale di questo trattamento è l’eliminazione delle tossine che sono le responsabili di indurimenti muscolari e fastidiosi crampi e indolenzimenti.

Le tipologie di massaggio

Le tipologie di massaggio sono varie, così come sono molteplici le motivazioni per cui potremmo averne bisogno e le zone in cui la tensione tende ad accumularsi (testa, collo, spalle, schiena, gambe, piedi ecc.)

Il massaggio più classico e utilizzato è quello rilassante: la sua funzione è semplicemente di agevolare ed accelerare lo smaltimento di tossine e tensioni in varie parti del corpo. Similare è il massaggio estetico: mirato alla riduzione di gonfiori e cellulite, cerca di agire sul sistema linfatico per eliminare gli accumuli di grasso e linfa che si possono essere accumulati in varie zone.

Diverso è il massaggio sportivo: gli atleti lavorano con il corpo e devono prendersene cura quotidianamente. Per questo motivo, il massaggio sportivo è spesso considerato parte integrante dell’allenamento e si concentra soprattutto su gambe, piedi e schiena; ovvero le zone che sono sottoposte a maggiori pressioni durante lo sforzo fisico.

In questo caso, lo scopo del massaggio è di mantenere i muscoli flessibili per evitare e prevenire infortuni e di aiutare a smaltire l’acido lattico in eccesso. L’ultimo tipo di massaggio è anche il più specifico e delicato. Qualora doveste subire un’operazione chirurgica, infortunarvi o avere dolori cronici, la soluzione ideale è ricorrere a massaggi riabilitativi.

In questi casi è importante affidarsi alle mani esperte di osteopati e fisioterapisti per evitare di peggiorare le proprie condizioni andando a toccare punti sbagliati o applicando un’eccessiva pressione in zone delicate. Un massaggio riabilitativo come si deve dovrebbe darvi sollievo dal dolore ed aiutarvi a ritornare più velocemente ad una condizione di normalità.

Ovviamente, la zona in cui avete bisogno del massaggio determinerà anche la tecnica ed il tipo di approccio da utilizzare. E’ importante rispettare l’unicità di ogni parte del corpo e di trattarla nella maniera più adeguata.

Scopriamo chi sono i fashion influencer

Il mondo del fashion è costellato di ostacoli e sfide e arrivare al top non è certo facile. Soprattutto in questo periodo di crisi economica, lanciare nuove linee di abbigliamento o accessori che siano destinate ad avere successo non è facile per i giovani stilisti emergenti.

Tuttavia, esiste un metodo che sembra garantire risultati quasi immediati e un boom nelle vendite e nelle richieste di capi di abbigliamento, cappelli e borse. Qual e’ il segreto? Far indossare i propri abiti ad una celebrità.

Se riuscite a fare in modo che Kanye West, Rihanna, Jay Z o qualunque star indossi uno dei vostri capi, porti uno dei vostri cappelli, abbia al collo una delle vostre collane o al braccio una delle vostre borse e posti una foto sul proprio account Facebook o Instagram il gioco è fatto.

I pro

Senza dubbio, per i brand indipendenti avere la pubblicità e la visibilità di una star della musica o del cinema a livello internazionale è un bel salto di qualità e può portare ad aumenti istantanei e vertiginosi delle vendite e degli incassi.

È proprio il caso di alcuni brand emergenti come NASASEASON: nata dall’idea di un gruppo di adolescenti parigini che si focalizzavano inizialmente su feste ed eventi underground, racimolando abbastanza soldi per produrre una linea limitata – molto limitata.

Ma da quando Rihanna è stata fotografata indossando uno dei loro cappelli, le richieste sono salite di 50 volte tanto. Lo stesso vale per Sang Bleu e moltissimi altri marchi che sfruttano l’influenza e l’appoggio di celebrities per pubblicizzare i loro prodotti e godono del cosiddetto “Kanye effect” – da Kanye West, noto co-signer di molti brand.

I contro

Tuttavia, esistono anche dei rischi nello sfruttare in questo modo l’ondata di celebrità. Infatti, il pericolo principale è di essere semplicemente una moda passeggera, destinata a finire nel dimenticatoio una volta che la celebrity in questione decide di fare una nuova apparizione indossando capi di abbigliamento di marche diverse. O anche, si rischia che il cantante, l’attore ecc.

godano di fama passeggera o altalenante e che possano andare incontro ad ondate di disapprovazione del grande pubblico. Si sa, le star sono molto volubili, lunatiche ed altalenanti, e molto spesso hanno comportamenti discutibili.

Perciò, se la vostra fama è strettamente legata alla popolarità di un personaggio pubblico, sarete sempre in bilico tra approvazione e disapprovazione delle masse che non esiteranno a voltarvi le spalle qualora il loro beniamino decida di compiere qualche colpo di testa.

Per questo motivo, affidarsi a fashion influencer per lanciare la propria linea sembra una strategia vincente, ma è necessario creare una struttura e una personalità del brand sufficientemente solide da poter sopportare gli sbalzi di umore della celebrity ed eventuali voltafaccia del grande pubblico.

Quali sono le invenzioni più bizzarre?

Quando pensiamo al ventesimo secolo ci vengono in mente invenzioni brillanti che hanno cambiato il mondo e il corso della storia: computer, aereo, televisione e chi più ne ha più ne metta.

Tuttavia, per ogni intuizione geniale esistono centinaia di creazioni e scoperte del tutto inutili, e c’è chi ne ha fatto una vera e propria mania: ed ecco nascere il Chindogu.

Il Chindogu

Chi poteva lanciare la mania dell’invenzione assurda se non i giapponesi? Popolo brillante ma con uno spiccato gusto per l’assurdo. Nel 1980, Kenji Kawakami ha dato il via alla moda dell’invenzione assurda che deve però rispettare alcune regole.

Il Chinogu, infatti, deve coniugare l’elemento del bizzarro con il genio creativo dell’inventore. Per questo motivo deve essere allo stesso tempo utile ed inutile, e deve essere creato con uno scopo preciso: si deve, cioè, riconoscere il lavoro di ingegno alla base della nuova idea.

Il Chindogu è ormai diventato parte integrante della cultura giapponese ed un simbolo di riconoscimento in tutto il mondo. Solitamente queste invenzioni bizzarre non sono soggette a vendite ma, qualora si rivelassero particolarmente utili, possono essere immesse in commercio senza essere brevettate e funzionare come un dono del folle inventore per il mondo – in particolare per l’altrettanto bizzarra comunità giapponese.

I casi più assurdi

Tra le invenzioni più bizzarre troviamo il casco massaggiante: un vero e proprio casco da indossare in qualsiasi occasione siate stanchi o stressanti. Una volta indossato partono suoni rilassanti e dei rulli massaggiatori che rilassano il cuoio capelluto.

Non si possono poi non citare gli occhiali da sole con telescopio incorporato: un po’ scomodi da indossare in giro ma eccellenti per i turisti più curiosi che non vogliono perdersi nessun dettaglio. Parlando di turisti, è stata inventata anche un’economica fotocamera a 360 gradi che altro non è che una serie di macchinette usa e getta incollate tra di loro fino a creare una specie di originale corona da indossare in testa.

I pulsanti delle fotocamere sono tutti collegati tra di loro e con un unico click si può ottenere una foto panoramica a 360 gradi.

Altre invenzioni non hanno nemmeno bisogno di spiegazioni: abbiamo l’applicatore di collirio ad imbuto, il burro in stick, il vaso per urlare (si urla all’interno per sfogare lo stress, le pareti assorbono i suoni), i proteggi scarpe antipioggia (due ombrellini da applicare sulla punta delle scarpe), l’ombrello “al contrario” per raccogliere l’acqua piovana.

E ancora, un’impalcatura per portare un rotolo di carta igienica sopra la testa (comodo dispenser immancabile in caso di raffreddori cronici), la fascia reggi-ombrello per ripararsi dalla pioggia mantenendo le mani libere, la cravatta portaoggetti con la cancelleria sul retro e la cravatta che si trasforma in ombrello in caso di pioggia.

La lista sarebbe ancora lunga, ma credo che il concetto sia chiaro: sono tutte idee potenzialmente utili, ma la realizzazione estremamente bizzarra e il mercato globale può funzionare anche senza che vengano necessariamente commercializzate.

Cosa dovreste sapere prima di partire per un viaggio in Thailandia

La Thailandia, e il Sud Est Asiatico in generale, stanno diventando meta sempre più frequente di turisti europei ed italiani che trovano in Bangkok e nelle caratteristiche spiagge ed isole tailandesi un affascinante mix di cultura ed esotismo.

Per di più, a parte il volo piuttosto caro, la vita in Thailandia è estremamente economica: cibo, alberghi e shopping hanno prezzi ridicoli se comparati con gli standard europei. Senza dubbio si tratta di un viaggio da fare, almeno una volta nella vita.

Tuttavia, come per tutti i viaggi lunghi in aree del mondo molto diverse dalla nostra, è consigliato informarsi bene preventivamente e avere un’idea, almeno generale, sul funzionamento delle principali infrastrutture del posto e delle tradizioni principali e abitudini degli autoctoni.

Passaporto e vaccinazioni

Iniziamo con due argomenti fondamentali: documenti necessari e sanità. Per andare in Thailandia, un cittadino italiano non ha bisogno del visto che viene rilasciato direttamente dalle autorità aeroportuali ed è gratuito. Quello che serve, invece, è un passaporto che abbia una validità di almeno sei mesi.

Il visto turistico è necessario se durante il vostro soggiorno avete in mente di spostarvi anche in Vietnam e Myanmar, o se intendete trattenervi in Thailandia per un periodo superiore a 30 giorni; in quel caso dovrete recarvi in ambasciata prima della partenza ed ottenere un permesso per 60, 90 o 120 giorni.

Per quanto riguarda la sanità, non sono necessarie vaccinazioni particolari o profilassi antimalariche prima di partire. La malaria è confinata nelle zone più rurali e arretrate del paese e il turista medio non corre particolari rischi.

È comunque consigliato alloggiare in alberghi di un certo livello e di assicurarsi che vi siano zanzariere alle finestre. Nota interessante, gli ospedali tailandesi, sia pubblici che privati, sono tra i più rinomati in Asia, tanto che c’è chi arriva nel paese con lo scopo specifico di ricevere cure specialistiche, soprattutto dentistiche e di chirurgia plastica.

I trasporti locali

Le strade della Thailandia sono famose per la presenza di autobus estremamente veloci e confortevoli ma, soprattutto, per i mezzi di trasporto tipici e caratteristici come i tuk-tuk (risciò a motore che fungono da taxi), i salmor (risciò a pedali) e i songthaew (classici camioncini). Salire a bordo di uno di questi mezzi vi farà sperimentare la vera vita e il dinamismo delle città tailandesi.

I camioncini generalmente seguono percorsi fissi e hanno tariffe standard, mentre se decidete di prendere un tuk-tuk o un salmor è bene che contrattiate e ci accordiate sul prezzo prima di salire a bordo ed iniziare la corsa. Per quanto riguarda i percorsi extraurbani, invece, la soluzione più conveniente e sicura è il taxi. In alternativa, potete sempre noleggiare un’auto o un fuoristrada.

Kamikatsu: zero waste entro il 2020

La piccola cittadina di Kamikatsu, in Giappone, si sta avvicinando pian piano al raggiungimento di un obiettivo incredibile ed invidiabile: essere la prima città zero waste (immondizia zero) del paese. Il progetto iniziato nel 2003 ha reso i cittadini protagonisti in prima persona rendendoli responsabili della riuscita del progetto.

A tredici anni di distanza, il 60% della popolazione è contento della soluzione innovativa ed ecologica, il 40%, invece, dichiara che preferirebbe tornare al classico metodo di smaltimento rifiuti e raccolta porta a porta.

Il metodo

Gradualmente, dal 2003 la cittadina di Kamikatsu ha rimpiazzato i camion della raccolta rifiuti con un centro di smaltimento e riciclo di altissimo livello. I cittadini sono obbligati a dividere scrupolosamente tutti i loro rifiuti e a portarla al centro dove viene suddivisa e raccolta in ben 34 contenitori diversi.

Praticamente, esiste un contenitore per qualsiasi tipo di rifiuto vi possa venire in mente: vetro bianco, vetro scuro, carta, rasoi, penne, bottiglie in plastica, giornali, riviste, cartone e così via. I rifiuti organici vengono riutilizzati come concime, mentre una suddivisione così scrupolosa degli altri materiali ha permesso di riciclare oltre 80% dei rifiuti, mentre il restante 20% è stato smaltito in una discarica.

Un bel passo avanti se consideriamo che prima del 2003 i rifiuti erano fatti sparire utilizzando un inceneritore a cielo aperto – estremamente inquinante e dannoso per le persone. Ma c’è di più, perché fermarsi all’80% quando si può raggiungere il 100? L’obiettivo finale è proprio questo: entro il 2020 Kamikatsu sarà la prima cittadina completamente zero waste del Giappone.

L’impegno dei cittadini

Chiaramente, suddividere e analizzare ogni elemento dei rifiuti prodotti non è semplice né piacevole. L’obiettivo zero waste è molto nobile ma non privo di inconvenienti e disagi per la popolazione. Fortunatamente, Kamikatsu conta poco più di 2000 abitanti quindi è facile per gli addetti ai lavori controllare che tutti i rifiuti vengano gettati nei contenitori più appropriati una volta al centro.

L’impegno maggiore, però, è da parte dei cittadini che ogni pochi giorni devono munirsi di pazienza e raggiungere con la propria automobile il centro di smaltimento. Sono state avviate anche delle iniziative per incentivare la propensione al riciclo e limitare gli sprechi.

Sono sorti, infatti, negozi e centri dove vige la legge del baratto: i cittadini possono portare gli oggetti che non utilizzano più e scambiarli con ciò che trovano nel negozio o ricevere in cambio un biglietto della lotteria. Inoltre, esiste anche una fabbrica in cui le donne del posto creano nuovi prodotti utilizzando proprio i rifiuti riciclati.

Come abbiamo visto, non tutti sono entusiasti di questo nuovo regime, tuttavia diciassette anni di impegno e resilienza potrebbero portare a risultati che, alla lunga, beneficeranno l’ambiente e la popolazione stessa.

Desalinizzazione ad energia solare

Molte delle nuove ricerche scientifiche ed innovazioni sono mirate alla salvaguardia dell’ambiente e le necessità umanitarie (tragicamente in aumento). Uno tra i problemi principali per le popolazioni africane e del sud-est asiatico è la carenza di acqua: la siccità colpisce moltissime società, causando tante, troppe vittime e impedendo il funzionamento di strutture basilari e necessarie per lo sviluppo sociale ed il progresso economico ed industriale.

Il diritto al cibo e all’acqua è uno dei diritti fondamentali dell’uomo che, purtroppo, in molte parti del mondo non viene rispettato ed implementato.

Per questo motivo, da anni gli aiuti umanitari internazionali lavorano per provvedere ai bisogni immediati ed urgenti di queste popolazioni ma, allo stesso tempo, investono in progetti a lungo termine che possano rendere queste comunità autonome e autosufficienti.

La desalinizzazione dell’acqua

In zone del mondo in cui le risorse idriche scarseggiano, si è spesso ricorso alla desalinizzazione dell’acqua marina – chiaramente qualora paesi occidentali o organizzazioni internazionali abbiano investito nella creazione di infrastrutture e macchinari adeguati.

La desalinizzazione non è necessaria solamente per l’acqua marina, anche l’acqua di pozzi biologici scavati per andare alla ricerca di riserve idriche in profondità è spesso imbevibile a causa dell’elevato tasso di sale che contiene.

Tuttavia, questo processo fondamentale richiede moltissima energia per poter essere portato a termine: energia e fonti energetiche costanti e sicure spesso mancano nelle zone più rurali di paesi come India e molte nazioni Africane.

Fortunatamente, i ricercatori del MIT sembrano aver trovato una soluzione adeguata alle risorse e alle capacità tecniche ed elettriche di questi paesi: la desalinizzazione tramite energia solare.

La dissalazione per elettrolisi

I ricercatori del MIT (il Massachusetts Institute of Technology, una tra le più importanti università per la ricerca del mondo) hanno trovato una soluzione alternativa al classico metodo di dissalazione che sfruttava il principio dell’osmosi inversa.

La tecnica alternativa di dissalazione per elettrolisi è, in realtà, in circolazione dal 1960 e, oltre a permettere di evitare alti dispendi energetici (richiede dal 25 al 70 percento di energia in meno), garantisce il recupero di oltre il 90 percento dell’acqua.

Per di più, le strutture necessarie alla dissalazione per elettrolisi non hanno bisogno di manutenzioni particolari, non hanno filtri e le membrane da cui sono rivestite devono essere sostituite solamente una volta ogni dieci anni.

Lo sviluppo e l’ampliamento di questo nuovo uso di una tecnologia già ampiamente conosciuta potrebbero fare la differenza nella vita di milioni di persone che, purtroppo, ancora oggi non hanno accesso a risorse idriche a causa di gravi siccità e scarse piogge.

I ricercatori del MIT stanno ancora lavorando per il perfezionamento delle strutture e la diffusione su larga scala di una tecnica efficiente ed economica che potrebbe avere un impatto importante su scala globale.

Perché fare jogging ci fa bene?

Che fare sport sia un toccasana per la salute ormai non è più un mistero. Chiaramente, ognuno dovrebbe scegliere il tipo di attività fisica che più gli si addice sulla base dei propri interessi, gusti, limitazioni fisiche, economiche e di tempo.

L’opzione più gettonata per chi non vuole spendere soldi per l’iscrizione ad una palestra dove sa che non andrà quasi mai e per potersi allenare quando preferisce è la corsa. Fare jogging porta benefici a corpo e mente per una serie di motivi, scopriamoli insieme.

L’aspetto fisico

L’aspetto che spesso ci spinge ad alzarci dal divano e metterci a correre è il desiderio di perdere peso. Vuoi o non vuoi una vita sedentaria porta ad accumulare grassi e prendere peso: fare jogging è la soluzione più veloce ed efficace per perdere i chili in eccesso.

Infatti, correndo si stimola la lipolisi degli adipociti (cellule in cui viene accumulato il grasso) i quali rilasciano il grasso che viene trasformato in energia necessaria per la corsa.

Ma non è finita qui: correre aiuta anche a mantenere sotto controllo il livello degli zuccheri presenti nel sangue e del colesterolo, combatte l’ipertensione e migliora l’andamento cardiaco. Questi benefici sono importanti soprattutto per le persone diabetiche che devono prestare particolarmente attenzione al livello di glucosio nel sangue.

In questi casi, l’attività fisica, e la corsa in particolare, sono vivamente consigliate perché fanno sì che i muscoli, per trovare l’energia necessaria, vadano a prelevare più zuccheri nel sangue mantenendo, quindi, il glucosio a livelli piuttosto bassi.

L’aspetto mentale

Uno dei vantaggi principali di fare jogging è una notevole diminuzione dello stress e dell’ansia. Spesso si dice che fare attività sportiva aiuti a scaricare la tensione: è proprio vero ed ha una semplice spiegazione chimica.

Emozioni quali stress ed ansia sono spesso associate ad un pericolo da fronteggiare, per questo motivo il corpo umano (ed in particolare le ghiandole surrenali) rilascia degli ormoni detti catecolamine, di cui i più conosciuti sono adrenalina e noradrenalina.

Se ci trovassimo a dover fronteggiare un pericolo reale, questi ormoni non ci creerebbero alcun problema; se invece abbiamo disturbi d’ansia, e quindi il pericolo reale non esiste, una dose massiccia di queste sostanze che circolano nel nostro organismo può portarci ad avere attacchi di panico.

E qui entra in gioco la corsa: correre stimola l’ipofisi a produrre endorfine che provocano, a seconda della quantità, sonnolenza o euforia: perfette per combattere l’ansia. Oltre a questa spiegazione scientifica, esiste anche un aspetto prettamente psicologico che viene migliorato dalla corsa.

Quando iniziamo a fare jogging, spesso tendiamo a smettere o fermarci appena iniziamo ad essere stanchi o affaticati; se riusciamo a convincere noi stessi a continuare e non mollare saremo in grado di vedere i primi miglioramenti in tempi piuttosto brevi: questo ci darà un’iniezione di fiducia e ci porterà a rivalutare le nostre potenzialità e la nostra forza.

Sfida tra brand

L’industria della moda è un mondo estremamente competitivo ed in continua evoluzione e mutamento. In questo ambiente il motto “chi si ferma è perduto” deve essere preso alla lettera perché non rimanere al passo con i tempi e non seguire le tendenze – o meglio, non dettare le tendenze – rischia di tradursi nella perdita di migliaia e migliaia di dollari e di opportunità importanti di commercializzare i propri prodotti.

Questo discorso vale anche quando si parla di abbigliamento e accessori sportivi: sempre di più le case produttrici di outfit sportivi stanno iniziando collaborazioni con stilisti affermati e altri brand per proporre capi innovativi che uniscano moda e sport. La corsa, come sempre, si gioca principalmente tra due colossi del settore: Nike e Adidas.

Nike

Il colosso statunitense fondato da Philip Knight nel 1964 è ad un punto di svolta. Knight ha da poco lasciato il posto di presidente e amministratore delegato lasciando le redini in mano al CEO Mark Parker che si trova a dover affrontare il primo periodo di stallo nella storia dell’azienda.

Infatti, la Nike ha registrato, per la prima volta, un trimestre di crescita nulla nel mercato statunitense e le azioni dell’azienda hanno subito un calo del 10% dall’inizio dell’anno. Le strategie per rilanciare il marchio e raggiungere l’ambizioso obiettivo di un fatturato di 50 miliardi di dollari entro il 2020 passano attraverso gli atleti olimpici, una vetrina d’eccezione che richiama spettatori e appassionati da tutto il mondo.

Ma non finisce qui, l’azienda americana sta ampliando il suo settore e diversificando i prodotti: infatti, uno degli obiettivi è di intensificare l’attenzione e le proposte per le donne che, sempre di più, stanno cominciando ad indossare capi di abbigliamento sportivi anche nella quotidianità. Un’altra interessante strategia è la partnership con la Apple e la conseguente creazione della linea Nike+ che propone dispositivi elettronici in grado di monitorare le calorie bruciate, la distanza percorsa e una serie di valori fisiologici.

Adidas

Il brand tedesco, nonostante sia sempre dietro alla Nike in quanto a vendite e fatturato, sta ampliando la sua sfera di influenza e gli incassi hanno un trend positivo. Questo aumento delle vendite dipende principalmente da due fattori: l’abilità dell’azienda di sfruttare le mode del momento (come lo stile retro in voga ora che vede uomini e donne indossare calzature o accessori sportivi anche con outfit lavorativi) e le collaborazioni con artisti e stilisti di successo.

Per esempio, le uniformi olimpiche verranno disegnate dalla stilista Stella McCartney. Non solo, l’Adidas ha anche lanciato una linea esclusiva creata in collaborazione con il rapper e stilista Kanye West. Queste strategia stanno confermando la teoria che investire in prodotti borderline tra moda e sport può avere un gran successo a livello globale.

Qualche numero sul livello di inquinamento in Cina

Quando si parla di ambiente, ormai viene automatico pensare a cambiamento climatico, smog, inquinamento, specie in via di estinzione, sfruttamento delle risorse non rinnovabili ed esaurimento delle riserve idriche. Sicuramente lo stile di vita del nuovo millennio e l’impennata nei consumi energetici e di carburanti stanno mettendo alle strette il nostro pianeta.

Esistono moltissime campagne ed organizzazioni che si occupano di sensibilizzazione ed informazione, molti governi stanno prendendo provvedimenti per arginare i danni e meeting internazionali come il COP 21 tenutosi a Parigi il Dicembre scorso.

Tuttavia, non tutti i paesi sembrano ugualmente sensibili all’argomento: in particolar modo, il governo cinese (già tristemente famoso per una scarsa tutela dei diritti umani e per una censura semi totale su media e social media) sta abilmente nascondendo il problema dell’inquinamento ambientale, tra l’altro particolarmente pressante in alcune aree della Cina, tanto che il 99% delle controversie di natura ambientale rimane esclusa dall’ambito giuridico.

Qualche dato

La cifra più sconvolgente e spaventosa che può darci un’idea della gravità del livello di inquinamento dell’aria di molte città Cinesi è il numero di morti premature causate proprio dall’inquinamento atmosferico: 500 mila nel 2013 (si stima che la cifra sia ora salita a 700 mila a causa del numero crescente di industrie).

Pechino è la città più colpita e a rischio; l’aria della capitale contiene una quantità di polveri sottili cinque volte superiore alla media nazionale, e dodici volte più grande del limite consentito dall’Organizzazione Mondiale della Salute. Sempre nell’aria di Pechino sono contenuti ben quindici agenti cancerogeni e il livello di inquinamento è 14 volte superiore al livello massimo per l’ambiente.

L’inquinamento atmosferico è visibile ad occhio nudo e la nube tossica generata in Cina e nel Sud Est Asiatico è stata rilevata dai satelliti: copre tutte la parte occidentale del continente asiatico e si spinge fino le coste dell’Alaska.

Il carbone

Il consumo di carbone è una delle cause principali dell’inquinamento cinese. L’esempio più eclatante è quello della provincia di Hebei, detta “il caminetto del mondo”. Basti pensare che nel 2013 sono andate consumate 3600 milioni di tonnellate di carbone nel mondo, la provincia di Hebei da sola è responsabile per il consumo di 300 milioni di tonnellate.

Lo stesso discorso vale per Shangai dove il tasso di inquinamento è talmente alto da corrispondere all’incirca a 10 kg di carbone per ogni metro quadro della città. E d’inverno la situazione peggiora ulteriormente: durante la stagione fredda viene consumato molto più carbone (tra l’altro di pessima qualità) e si produce una quantità di polveri sottili 25 volte superiore a quella prodotta in estate.

Tutte queste cifre sono da capogiro, ma lo spazio per attivisti e proteste in Cina è estremamente limitato, se non nullo. Finché le pressioni della comunità internazionale non riusciranno a far breccia nel muro di silenzio e omertà eretto dal Partito Comunista, la situazione è destinata a peggiorare.

Perché scegliere le spiagge italiane

Ogni estate milioni di italiani si spostano all’estero per trascorrere vacanze in spiagge con acque cristalline, per visitare città cosmopolita e dinamiche come le capitali europee, per rifugiarsi in tranquilli e isolati chalet in montagna o per farsi contagiare dallo stile di vita orientale nei paradisiaci resort asiatici.

Certo, c’è anche chi decide di rimanere a casa e di trascorrere le vacanze in patria. L’Italia stessa ogni anno attira migliaia di turisti grazie alla sua storia, la sua arte e i paesaggi mozzafiato che cambiano a distanza di un’ora di macchina e che offrono una varietà e un’unicità che non ha eguali. Il governo italiano ha recentemente investito parecchio per rilanciare il turismo italiano, soprattutto al sud.

Infatti, il sud Italia ha molto da offrire: spiagge, cibo, clima e accoglienza. E oltre al magnifico sud abbiamo le isole: Sicilia e Sardegna hanno caratteristiche uniche ed inimitabili spesso sottovalutate dagli italiani stessi. Per questo motivo, in questo articolo vedremo insieme quali sono le spiagge più spettacolari di queste due magnifiche isole.

La Sardegna

Una delle spiagge più famose e frequentate della Sardegna è La Pelosa, nel golfo dell’Asinara. È caratterizzata dalla tipica macchia mediterranea che accompagna la finissima sabbia bianca di Stintino arrivando quasi a lambire le acque turchesi del golfo.

Il parco dell’Asinara situato di fronte alla spiaggia può rivelarsi un’ottima alternativa per i momenti in cui non sopporterete più la confusione causata dalle orde di turisti che accalcano le rive. Dichiarata patrimonio dell’Unesco nel 1995, Cala Goloritze vi stupirà per il colore avorio della sabbia finissima e per la lucentezza delle sue acque.

Sovrastata da un pinnacolo calcareo, questa spiaggia è più facilmente raggiungibile in barca che a piedi a causa della lunghezza e la tortuosità del sentiero che la collega alla spiaggia principale. Ma l’unicità e lo splendore della cala circondata da pareti rocciose e archi naturali vi ripagherà di tutti gli sforzi necessari per raggiungerla.

La Sicilia

Uno dei paesaggi più spettacolari offerti dalle coste italiane è quello dell’Isola dei Conigli. Questa spiaggia dista pochi metri da Lampedusa ed è sotto il patrocinio di Legambiente che ne tutela la bellezza e, soprattutto, protegge le tantissime tartarughe Caretta Caretta che ogni anno depongono le uova proprio sulla finissima sabbia dell’Isola dei Conigli.

Eletta miglior spiaggia d’Italia da un concorso online promosso da Legambiente, la spiaggia di Bue Marino, a due passi da Trapani e dalle cale della riserva dello Zingaro, offre dei paesaggi unici grazie alla fusione di mare e montagna e la limpidezza delle acque.

Infine, Cala Rossa, nelle coste sud della magica isola di Favignana, deve il suo nome proprio al colore rossastro della macchia mediterranea che la ricopre e che crea giochi di colori quando contrasta le acque cristalline e la ghiaia biancastra che ricopre i fondali.