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Sfatiamo i miti sulle impastatrici

Generalmente si pensa che un’impastatrice sia un apparecchio professionale destinato alle cucine di ristoranti, pasticcerie e grandi chef. Una volta, forse, era cosi. Oggigiorno, invece, le impastatrici hanno dimensioni molto più ridotte di un tempo, costi più contenuti e hanno conquistato una gran fetta di mercato: possono rendere più facile la vita di chiunque.

Che siate single o abbiate una famiglia numerosa, un’impastatrice in cucina accelererà i tempi di preparazione e vi garantirà ottimi risultati, che stupiranno piacevolmente amici e parenti.

Per un’impastatrice di qualità

Ovviamente, con tutti i modelli in vendita, i planetaria prezzi variano e anche e le loro stesse caratteristiche. Ci sono pochi semplici elementi che distinguono un apparecchio di qualità da uno scadente. Innanzitutto, un primo consiglio per scegliere una buona impastatrice, è di pensare in anticipo alla quantità di impasto che prevedete di dover preparare la maggior parte delle volte.

In commercio esistono apparecchi con una capienza che varia dai 500 grammi ai 2 chili: chi non ha una famiglia numerosa o non impasta grandi quantità di ingredienti, dovrebbe optare per un dispositivo di capienza medio bassa; le impastatrici più grandi, infatti, tendono a non lavorare bene con una quantità scarsa di impasto.

Altri dettagli che differenziano gli apparecchi tra di loro sono i materiali di costruzione (il migliore è senza dubbio l’acciaio), la potenza (espressa in Watt), la velocità (le impastatrici con vari livelli di velocità sono consigliate poiché non tutti gli impasti hanno bisogno di essere amalgamati e mischiati alla stessa velocità), e la tipologia degli accessori (ganci ad A o K per impasti medio-morbidi e ganci ad uncino per impasti più duri)

Impastatrice o planetaria?

I nomi impastatrice e planetaria possono creare confusione ai meno esperti. Sostanzialmente, entrambe hanno la stessa funzione ma la planetaria vi garantisce dei risultati migliori, soprattutto con impasti morbidi e di media durezza.

La planetaria prende il nome dal movimento rotatorio dei pianeti perché, oltre al classico movimento circolare per impastare, aggiunge un movimento di rotazione attorno al centro con cui l’impasto viene amalgamato uniformemente lungo tutti i lati del contenitore.

Questo particolare tipo di impastatrice (leggermente più costoso ma estremamente efficace) è indicato per impasti per dolci, pane, biscotti, pizza e dolci. Ma funziona anche per moltissimi altri tipi di impasto, fa risparmiare tempo, energia e lascia il tavolo e la cucina puliti.

Un’ultima variante nella categoria delle impastatrici è rappresentata dall’impastatrice a spirale: questo apparecchio è di dimensioni generalmente piuttosto grandi ed è soprattutto indicato per un uso industriale o per chi ha la necessità di impastare grandi quantità di ingredienti contemporaneamente (basti pensare che le impastatrici a spirale monofase hanno una capienza che varia dai 18 ai 50 kg, mentre quelle trifase oscillano tra i 5 e i 12 kg).

Non sottovalutate l’importanza degli idropulsori

L’igiene orale dovrebbe essere ai primi posti tra le preoccupazioni di ognuno: avere dei denti sani e curati ci garantisce un sorriso smagliante e previene problematiche come gengiviti, carie e tutta una serie di patologie fastidiose e dolorose.

Lo spazzolino classico è sicuramente efficace, ma l’idropulsore garantisce un livello superiore di pulizia e igiene. Perciò, perché non approfittarne?

Idropulsore cordless o con filo?

In commercio esistono diversi tipi di idropulsore, una prima distinzione può essere basata sul tipo di alimentazione dell’apparecchio. Infatti, esistono sia modelli alimentati ad energia elettrica che apparecchi cordless.

Generalmente, i secondi sono più comodi e pratici, soprattutto per chi viaggia molto e ha bisogno di un apparecchio di dimensioni ridotte che sia comodo e funzionale da trasportare. Tuttavia, a meno che non optiate per un modello a batterie usa e getta, gli idropulsori cordless devono essere periodicamente collegati al caricatore per essere ricaricati.

In aggiunta, i modelli senza fili sono generalmente di dimensioni ridotte e il serbatoio per l’acqua è più piccolo rispetto a quello dei modelli con il filo.

Per quanto riguarda quest’ultima tipologia, bisogna ammettere che il leggero discomfort causato dalla presenza dei fili (e dalla conseguente necessità di avere sempre una presa elettrica a portata di mano) è controbilanciato dalla maggior capienza del serbatoio, da una potenza spesso superiore, e dall’assenza del caricatore e di pile da sostituire.

Ma non è finita qui

Altri elementi fondamentali che determinano la qualità di un idropulsore sono la grandezza del serbatoio (come accennato sopra), la potenza e il numero di pulsazioni.

La capienza del serbatoio dipende dal modello di idropulsore: sarà più grande in un modello con il filo e più piccolo in un apparecchio cordless, ma qualsiasi tipologia di dispositivo dispone di un contenitore sufficientemente grande per un singolo utilizzo (indicativamente una durata di 40-45 secondi).

La potenza e il numero di pulsazioni sono indicatori molto simili tra di loro; generalmente, si pensa che più un idropulsore oral b è potente (e quindi più alto il suo numero di pulsazioni), più è efficace. In linea di massima è vero che potenza e qualità vanno di pari passo; bisogna, però, tenere a mente che non tutti hanno le stesse esigenze.

Per esempio, un apparecchio in grado di emettere un getto molto potente potrebbe non essere indicato per persone con gengive o denti estremamente sensibili; in questo caso, una potenza troppo forte potrebbe avere un effetto controproducente indebolendo ulteriormente le gengive ed esponendo la persona proprio a quelle patologie che cercava di evitare.

Per questo motivo, è importante ascoltare il consiglio dei dentisti e di orientarsi su un modello con velocità regolabile in modo che ognuno possa utilizzare il programma e l’intensità più adatte alla propria bocca e ai propri bisogni.

Scopriamo chi sono i fashion influencer

Il mondo del fashion è costellato di ostacoli e sfide e arrivare al top non è certo facile. Soprattutto in questo periodo di crisi economica, lanciare nuove linee di abbigliamento o accessori che siano destinate ad avere successo non è facile per i giovani stilisti emergenti.

Tuttavia, esiste un metodo che sembra garantire risultati quasi immediati e un boom nelle vendite e nelle richieste di capi di abbigliamento, cappelli e borse. Qual e’ il segreto? Far indossare i propri abiti ad una celebrità.

Se riuscite a fare in modo che Kanye West, Rihanna, Jay Z o qualunque star indossi uno dei vostri capi, porti uno dei vostri cappelli, abbia al collo una delle vostre collane o al braccio una delle vostre borse e posti una foto sul proprio account Facebook o Instagram il gioco è fatto.

I pro

Senza dubbio, per i brand indipendenti avere la pubblicità e la visibilità di una star della musica o del cinema a livello internazionale è un bel salto di qualità e può portare ad aumenti istantanei e vertiginosi delle vendite e degli incassi.

È proprio il caso di alcuni brand emergenti come NASASEASON: nata dall’idea di un gruppo di adolescenti parigini che si focalizzavano inizialmente su feste ed eventi underground, racimolando abbastanza soldi per produrre una linea limitata – molto limitata.

Ma da quando Rihanna è stata fotografata indossando uno dei loro cappelli, le richieste sono salite di 50 volte tanto. Lo stesso vale per Sang Bleu e moltissimi altri marchi che sfruttano l’influenza e l’appoggio di celebrities per pubblicizzare i loro prodotti e godono del cosiddetto “Kanye effect” – da Kanye West, noto co-signer di molti brand.

I contro

Tuttavia, esistono anche dei rischi nello sfruttare in questo modo l’ondata di celebrità. Infatti, il pericolo principale è di essere semplicemente una moda passeggera, destinata a finire nel dimenticatoio una volta che la celebrity in questione decide di fare una nuova apparizione indossando capi di abbigliamento di marche diverse. O anche, si rischia che il cantante, l’attore ecc.

godano di fama passeggera o altalenante e che possano andare incontro ad ondate di disapprovazione del grande pubblico. Si sa, le star sono molto volubili, lunatiche ed altalenanti, e molto spesso hanno comportamenti discutibili.

Perciò, se la vostra fama è strettamente legata alla popolarità di un personaggio pubblico, sarete sempre in bilico tra approvazione e disapprovazione delle masse che non esiteranno a voltarvi le spalle qualora il loro beniamino decida di compiere qualche colpo di testa.

Per questo motivo, affidarsi a fashion influencer per lanciare la propria linea sembra una strategia vincente, ma è necessario creare una struttura e una personalità del brand sufficientemente solide da poter sopportare gli sbalzi di umore della celebrity ed eventuali voltafaccia del grande pubblico.

Sfida tra brand

L’industria della moda è un mondo estremamente competitivo ed in continua evoluzione e mutamento. In questo ambiente il motto “chi si ferma è perduto” deve essere preso alla lettera perché non rimanere al passo con i tempi e non seguire le tendenze – o meglio, non dettare le tendenze – rischia di tradursi nella perdita di migliaia e migliaia di dollari e di opportunità importanti di commercializzare i propri prodotti.

Questo discorso vale anche quando si parla di abbigliamento e accessori sportivi: sempre di più le case produttrici di outfit sportivi stanno iniziando collaborazioni con stilisti affermati e altri brand per proporre capi innovativi che uniscano moda e sport. La corsa, come sempre, si gioca principalmente tra due colossi del settore: Nike e Adidas.

Nike

Il colosso statunitense fondato da Philip Knight nel 1964 è ad un punto di svolta. Knight ha da poco lasciato il posto di presidente e amministratore delegato lasciando le redini in mano al CEO Mark Parker che si trova a dover affrontare il primo periodo di stallo nella storia dell’azienda.

Infatti, la Nike ha registrato, per la prima volta, un trimestre di crescita nulla nel mercato statunitense e le azioni dell’azienda hanno subito un calo del 10% dall’inizio dell’anno. Le strategie per rilanciare il marchio e raggiungere l’ambizioso obiettivo di un fatturato di 50 miliardi di dollari entro il 2020 passano attraverso gli atleti olimpici, una vetrina d’eccezione che richiama spettatori e appassionati da tutto il mondo.

Ma non finisce qui, l’azienda americana sta ampliando il suo settore e diversificando i prodotti: infatti, uno degli obiettivi è di intensificare l’attenzione e le proposte per le donne che, sempre di più, stanno cominciando ad indossare capi di abbigliamento sportivi anche nella quotidianità. Un’altra interessante strategia è la partnership con la Apple e la conseguente creazione della linea Nike+ che propone dispositivi elettronici in grado di monitorare le calorie bruciate, la distanza percorsa e una serie di valori fisiologici.

Adidas

Il brand tedesco, nonostante sia sempre dietro alla Nike in quanto a vendite e fatturato, sta ampliando la sua sfera di influenza e gli incassi hanno un trend positivo. Questo aumento delle vendite dipende principalmente da due fattori: l’abilità dell’azienda di sfruttare le mode del momento (come lo stile retro in voga ora che vede uomini e donne indossare calzature o accessori sportivi anche con outfit lavorativi) e le collaborazioni con artisti e stilisti di successo.

Per esempio, le uniformi olimpiche verranno disegnate dalla stilista Stella McCartney. Non solo, l’Adidas ha anche lanciato una linea esclusiva creata in collaborazione con il rapper e stilista Kanye West. Queste strategia stanno confermando la teoria che investire in prodotti borderline tra moda e sport può avere un gran successo a livello globale.